Prima di partire per una serie di esperienze all’estero e avventure attorno al mondo, pensavo che ad un certo punto l’avrei trovato. Quel luogo dove fermarmi e da poter chiamare casa. Un luogo che indiscutibilmente mi avrebbe fatta sentire nel posto giusto.
Dopo anni passati a partire e ritornare però quella certezza non è arrivata. Anzi, è come se quella sensazione di essere a casa invece di saldarsi stretta e con forza ad un solo luogo, si fosse spezzettata, lasciando parti di me e della mia anima in giro per il mondo.
All’inizio de Il meraviglioso mago di Oz vediamo Dorothy, in compagnia del suo fidato cagnolino Toto, venire trasportata da un potente tornado in un mondo fantastico.
«I have a feeling we’re not in Kansas anymore» dice lei.
Ciò che si trova davanti è infatti molto diverso dalla piatta e polverosa terra da cui provenivano, quella che per loro era sempre stata l’unica casa possibile.
Durante il suo incredibile viaggio nella nuova terra di Oz, Dorothy fa amicizia con dei bizzarri personaggi e tenta di spiegare loro le sue sensazioni e convinzioni.
«Tu non puoi capire e forse non capiresti nemmeno se avessi il cervello. Noi esseri umani, fatti di carne e ossa, amiamo il luogo dove siamo nati e dove abbiamo vissuto, anche se è brutto, perché quello è la nostra patria. E quando ne siamo lontani soffriamo di nostalgia»
Nonostante nello scorrere monotono della quotidianità sognasse spesso di trovarsi somewhere over the rainbow, quando davvero riesce ad andare oltre l’arcobaleno e piombare in un regno fatto di smeraldo, ecco che Dorothy ripensa con nostalgia a casa sua. O forse è solamente convinta di doverla provare questa nostalgia.
Questo è ciò che le hanno insegnato: casa tua può essere soltanto una, quella dove sei nata.
Ed è proprio la famosa frase there’s no place like home che la Strega Buona del Nord pronuncia come una sorta di mantra, una formula magica per permettere a Dorothy di ritornare in Kansas, dalla zia.
«Oh, mia cara, cara Dorothy! Da che parte del mondo sbuchi fuori?»
«Dalla Terra di Oz, zia Em. Ed ecco qui Toto. È stato molto bello, zia Em, come un sogno, ma sapessi come sono felice di essere di nuovo a casa!»
Anche in Alice nel paese delle meraviglie vediamo la protagonista, all’inizio seduta annoiata su di un albero in una giornata qualunque, venir catapultata in un mondo dove vivrà una serie di fantastiche quanto assurde avventure.
Alice fa un viaggio, alla ricerca di se stessa, in cui si scontrano ragione e fantasia, abitudine e desiderio di avventura.
Un giorno Alice arrivò ad un bivio e vide lo Stregatto sull’albero.
«Quale strada devo prendere?»
«Tutto dipende da dove vuoi andare».
«Non lo so» rispose Alice.
«Allora non importa quale via sceglierai» disse lo Stregatto.
Alla fine anche Alice, come Dorothy, torna. Al di là del significato allegorico di entrambe le storie, ciò che hanno in comune è il ritorno a casa al termine delle avventure vissute.
E non sono le uniche. È quello che succede anche a Wendy. Peter Pan è da sempre la mia storia preferita e devo ammettere di aver sempre ritenuto Wendy una sciocca proprio per via di questa scelta.
Al termine del romanzo infatti Wendy e i fratellini tornano a casa, scelgono volontariamente di crescere, di rinunciare alla vita avventurosa che avrebbero potuto vivere assieme a Peter Pan sull’Isola che non c’è.
Quando sono tornata dall’Inghilterra mi sono chiesta se non fossi anch’io come Wendy che alla fine torna a casa. Se questa non fosse, in fondo, l’inevitabile conclusione.
In uno dei miei romanzi preferiti, la protagonista dice una frase che mi è rimasta impressa.
«Sai… passo un mucchio di tempo cercando di scappare da questo posto, ma certe volte mi chiedo se non sia l’unico che avrò mai al quale fare ritorno. Capisci? Come se fosse l’unico posto al mondo che considererò davvero casa mia»
Il luogo dove si è nati e cresciuti in un certo senso rimarrà sempre diverso da tutti gli altri. È il posto dove affondano le nostre radici, dove ha avuto inizio la nostra storia. Ma questo non significa che rimarrà l’unico dove potersi sentire a casa.
Ho lasciato parti del mio cuore sparse in luoghi dalle coordinate molto distanti tra loro. Dall’Inghilterra che amavo da bambina all’America che è diventata crescendo il mio grande amore. E ancora sulla sabbia soffice australiana dove il cuore ogni volta si alleggerisce e la vista si perde oltre l’orizzonte che separa il cielo dall’oceano.
Si dice spesso che casa non è un luogo, ma una sensazione. E allora, col tempo, sono arrivata ad accettare che probabilmente non esiste un posto solo dove mi sentirò di essere arrivata a destinazione, pronta a gettare l’ancora e fermarmi per sempre.
Se è vero che la vita è una serie di fantastiche avventure, io in qualche angolo non troppo nascosto del mio cuore, nutrirò sempre la speranza di veder apparire alla finestra Peter Pan. Lo vedrò tendermi la mano e insieme voleremo verso l’infinito, dove i sogni se ci credi abbastanza forte si avverano.
“Somewhere over the rainbow / Skies are blue / And the dreams that you dare to dream really do come true”